Il mercato dei mutui in Italia resta al palo. Nell’ultimo mese la domanda di prestiti ipotecari è calata del 42% rispetto al già negativo 2011. Non vanno meglio le erogazioni, il cui calo si aggira attorno a percentuali vicine al 50% annuo (dati Crif).
In questo scenario di fondo sta emergendo una nicchia di prodotti che si pone come una via di mezzo tra l’acquisto della casa e l’affitto. Un prodotto che, difatti, bypassa l’ostacolo della richiesta del mutuo. Ci riferiamo agli affitti con riscatto. Nell’ultimo mese, rispetto allo scorso anno, l’interesse verso questa soluzione – già diffusa in altri Paesi – sta crescendo anche in Italia, con un incremento medio delle offerte del 13% e della domanda del 9% (dati Casa.it). Una diffusione che sta prendendo piede in particolare nel Nord Italia (Lombardia al primo posto seguita da Piemonte, Emilia Romagna, Veneto e Lazio).
Come funziona? La formula prevede la stipulazione contestuale di due accordi: un contratto di locazione (a un canone superiore a quello di mercato) e un contratto di opzione in cui viene stabilito che l’inquilino, a scadenza (solitamente dopo tre anni) e a un prezzo già stabiliti, avrà la facoltà di acquistare la casa. Il canone di locazione è maggiorato perché una metà viene accantonata, da utilizzare nel caso in cui il soggetto decida di esercitare l’opzione di acquisto. Il prezzo pattuito per il futuro acquisto è pari, infatti, alla differenza tra il prezzo di listino già concordato e la somma delle somme accantonate.
Pro e contro per chi va in affitto. L’affitto con riscatto può rivelarsi vantaggioso – ponderando attentamente costi e benefici – per chi non dispone di un acconto per l’acquisto immediato dell’immobile e non vuole accendere un mutuo tradizionale oppure desidera rimandare l’accensione in un secondo momento, richiedendo così alla banca un importo inferiore. I vantaggi per affittuari e futuri compratori sono anche fiscali (l’Imu continua a pagarla il proprietario) e nel momento in cui decideranno di effettuare l’acquisto, poiché potranno farlo a un prezzo bloccato al momento della stipulazione del contratto. Anche se va detto, che in questa fase in cui più fonti indicano che è prevista una contrazione dei prezzi immobiliari bloccare oggi un prezzo da pagare fra tre anni potrebbe rivelarsi anche controproducente.
«L’affitto con riscatto è anche molto utilizzato da parte di coloro che bloccano l’immobile per un acquisto ma poi trovano la porta chiusa in banca per il mutuo – spiega Daniele Mancini, ad di Casa.it -. In questo caso possono temporaneamente rifugiarsi nell’affitto e contestualmente accumulare capitale per un futuro acquisto. È una formula molto gettonata anche da parte di coloro che hanno intenzione di acquistare una nuova casa ma solo dopo aver venduto quella vecchia. In questo modo c’è più tempo per vendere l’immobile a un prezzo adeguato, senza il rischio di doverlo svendere».
Se alla scadenza fissata l’inquilino non intende esercitare l’opzione di acquisto, può proseguire a pagare il canone fissato nel contratto di locazione oppure dare disdetta (con un preavviso di 6 mesi) e liberare l’immobile. Questo secondo caso (quello in cui rinuncia alla facoltà di acquisto) il locatario non avrà certo fatto un affare perché avrà pagato (a vuoto) per diverso tempo un canone di affitto più alto. Perderà di fatti la metà del canone mensile versato.
Pro e contro per il proprietario. A livello teorico l’affitto con riscatto può rivelarsi una formula vantaggiosa anche per il proprietario: il suo immobile genererà entrate in modo continuativo e con un canone mensile più elevato rispetto a un contratto tradizionale (come ricordato il canone dell’affitto con riscatto equivale a circa 1,5 volte l’affitto di mercato pagato per immobili simili).
Tale formula, inoltre, offre un’alta probabilità di concludere la vendita poiché l’inquilino avrà tutto l’interesse ad acquistare proprio a causa del prezzo di locazione superiore al canone di mercato. Per questo motivo è una formula che piace molto ai costruttori, in particolare in questa fase in cui il numero di nuove case invendute, complice la crisi, è molto alto.
Lo svantaggio potenziale potrebbe derivare dalla mancata monetizzazione di un rialzo dei prezzi degli immobili (cosa peraltro non prevista in questa fase di contrazione economica). La cifra di vendita viene stabilita in anticipo e quindi, in caso di riapprezzamento del mercato immobiliare, il venditore perderebbe il surplus. Viceversa, in caso di sgonfiamento dei prezzi (come stimato nei prossimi 12-24 mesi) avrà fatto un affare. Al pari di chi vende al ribasso un titolo azionario.
Il contratto. Bisogna però fare molta attenzione al contratto. Anzi ai due contratti, il primo di affitto e il secondo di opzione d’acquisto. «Consiglio di rivolgersi a un notaio – spiega Mancini -. In questo modo il futuro compratore evita di trovarsi in casi spiacevoli, fra cui quello di scoprire che la casa del costruttore/venditore era ipotecata o donata. Inoltre, è bene firmare una fideiussione sull’importo che ogni mese si va ad accantonare in modo tale da essere coperti in caso di fallimento della ditta costruttrice».
In ogni caso è bene fare i calcoli alla mano. Se l’immobile si trova in un’area dove è prevista una contrazione dei prezzi potrebbe essere strategico anche stipulare un semplice contratto di affitto e destinare la somma in più che si sarebbe accantonata con l’affitto con riscatto in forme di investimento che remunerano la liquidità a tassi competitivi. Ecco perché, qualsiasi sia la decisione presa, l’importante è armarsi di calcolatrice e scegliere nel modo più razionale possibile.
di Vito Lops – de “Il sole 24 ore”
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