Molto simpatico l’articolo “Morto il re… viva il re” comparso su questa pagina qualche giorno fa a firma di Massimiliano Stefano; in maniera burlesca e paradossale affrontava, lasciando trasparire a chiare, pur se velate, lettere, l’essenza del problema: le dimissioni da Vice Sindaco del nostro Direttore, Alessandro Pinelli. In un paese, l’Italia, nel quale ogni sostantivo o verbo è sempre accompagnato da un aggettivo o da un avverbio, tipo “è severamente proibito”, come se il solo “è proibito” proprio non bastasse, al contrario dei popoli germanici per i quali è necessario solo un “verboten”, le dimissioni, se non sono “irrevocabili”, valgono meno che niente. E mi pare, evincendo da quel che ha riportato la stampa, che quelle del Pinelli non fossero corredate da alcun aggettivo, men che mai da quello “irrevocabili”. Si aggiunga al tutto il fatto che la nostra italica bizantinità preveda, perché siano efficaci, di un notevole lasso di tempo per un eventuale ripensamento e per far eventualmente rimuovere le cause che la hanno provocate, e che comunque debbano essere “accettate” da colui al quale sono dirette. Allora non credo di far torto all’amico Alessandro se mi permetto io, sulla scia del filone burlesco inaugurato dal collega articolista succitato, di aggiungere un aggettivo a dimissioni così tristemente scarne: ecco, le definirei “dimesse”, dove il Dizionario Palazzi chiarisce il significato di dimesso con modesto, umile, senza fasto. Allargando l’accezione dell’aggettivo, io aggiungerei “fatte giusto per farle”. Ciò non vuole affatto dire che non ho compreso il significato del gesto del nostro Direttore: a volte, difronte a chiusure mentali, a situazioni non condivise, a fatti spiacevoli, si rilasciano dimissioni al solo scopo di far comprendere la propria fermezza di propositi; una specie di avvertenza, per non chiamarla col brutto termine di minaccia. Grandi statisti come Cavour hanno creato o salvato l’Italia con l’istituzione delle dimissioni (ma non è il caso di Giuseppi Conte!). Orbene le motivazioni, a quel che si dice (vox populi), sarebbero di due tipi: il primo, si dice che siano legate al diniego da parte del Vice Sindaco di rinunciare alla sue spettanze economiche; diniego che avrebbe indispettito altri assessori che lo hanno fatto e che pretendono che lo faccia anche lui. E qui sono fondamentalmente d’accordo con Sandro: ogni lavoro va remunerato, e quello di un buon amministratore è un lavoro a tutti gli effetti, impegnando tempo, capacità e responsabilità di chi lo effettua al pari di qualunque altro. La gloria non conta, come non conta un buonismo pseudo-magnanimo che non serve a nulla se non a ingannare gli stolti. Bisogna percepire un compenso per quel che si fa, anche perché non si dia adito a scuse sul non fare perché scaturente solo da appassionato volontarismo. Altra teoria è quella che lo stesso Vice Sindaco sarebbe deluso proprio da una stemperata volontà di far poco o con scarsa dedizione da parte di alcuni suoi colleghi di Giunta; ed anche in questo caso non possiamo dargli torto. Sappiamo come sia, nella maggioranza, il più qualificato ed il maggiore conoscitore della macchina amministrativa, ed è naturale che lavorare con chi non ne ha troppa voglia, o non si impegna più di tanto, è frustrante. Le dimissioni, ne siamo sicuri, rientreranno. E non ne saremo scontenti, vergini, come sempre siamo stati, di “servo encomio” e , come in questo caso, di “codardo oltraggio”! Vedremo come andrà a finire.
Claudio Gliottone