Dal Dizionario Treccani ne riporto la definizione:
“Peculiarità, caratteristica personale, o di un gruppo determinato. Lo stile così dato si viene a configurare come portatore di qualità precise che hanno in sé un significato, capace di definire valori sociali, morali e religiosi sia di un individuo sia di un’intera società, regolandosi in modo a volte normativo, diventando segno di appartenenza a canone, di giudizio di gusto o maniera.”
Quindi lo “stile” è il compendio di “qualità precise…capaci di definire valori sociali, morali e religiosi sia di un individuo sia di una intera società…” ed è quello che impronta e trasmette agli altri tali qualità in modo quanto mai svariato: con gli atteggiamenti, col carattere, con la parola, con i comportamenti, con l’ascolto, col sorriso o con il grugno, con l’amabilità o con la determinazione, con la modestia o con la protervia, e via di questo passo.
E’ ben chiaro che lo stile non è un sentimento, un modo di vedere o di sentire, un dato atavico e trasmissibile riservato a pochi; non è come il coraggio che, diceva Don Abbondio “se uno non ce l’ha, mica se lo può dare”.
Lo stile si acquisisce, si modula, si plasma con le frequentazioni, le letture, gli studi, le osservazioni, le idee, la maturità, e si accresce durante tutta la vita, ed ognuno “se lo può dare”!
Stiamo parlando di qualcosa che caratterizza, soprattutto in senso positivo.
Sarebbe opportuno che ognuno ne avesse, ma lo riterrei indispensabile nei personaggi pubblici, in coloro cioè destinati a guidare altri, ad esserne rappresentanti, ad agire nel loro interesse generale; per rapportarsi con loro nel modo migliore, ma soprattutto, proprio in virtù del loro stile, in modo prevedibile ed opportuno.
Quando ciò non avviene si hanno le “cadute di stile” che si concretizzano in comportamenti imprevisti e imprevedibili alla luce di quello che, per sua natura, ci si aspetterebbe.
Non vorrei scendere in spiacevoli dettagli, proprio per rispetto delle mie espressioni, ma credo che quanto riportato dal nostro Direttore nell’articolo di ieri, a proposito di qualche comportamento non certo esaltante della azione amministrativa da poco insediatasi, denoti di sicuro una “caduta di stile” concretatasi nel “pagamento differenziato” di alcune fatture, nonché, cosa più grave perché rievoca “avvertimenti” di poco chiara natura, nel richiamo-rimprovero fatto ad una attività di stampa libera che liberamente riporta notizie e pareri, altro non facendo che chiedendosene il “razionale”.
Se il mattino comincia così, non c’è da aspettarsi granché; e da esperienze di totale assenza di stile siamo appena malamente usciti appena sette mesi fa. Per fortuna! E non vorremmo ricaderci.
Solo una curiosità; la più giovane età del nostro Direttore non gli permetterà di ricordare, a proposito del citato “peppiniello”, che, quando ancora era in vigore il “dazio” da pagare sulle merci che venivano introdotte nella città ed esisteva un apposito ufficio a ciò preposto, con sede in Piazza Marconi, il suo Direttore locale era identificato proprio col nomignolo di “Vicienzo m’è pate a me”.
Poi un bel giorno sparì nel nulla: con tutto l’incasso del dazio!
Cordialità a tutti.
Claudio Gliottone