Caro Direttore,
proverò a lenirti la pena che l’esser ritornato in questo disastrato paese, a contatto con gente distratta e priva di quello che un tempo si chiamava “amor proprio”, ti cagiona quotidianamente, come si evince dal tuo ultimo scritto sulle nostre pagine. E’ duro abituarsi o, peggio, riabituarsi ad un tenore di vita pubblica da meno che di terzo mondo, là dove le carenze aumentano giorno per giorno e la strafottenza regna sovrana in tutti i ceti sociali, che ancora esistono e persistono.
Mi piacerebbe farlo ventilandoti qualche immaginaria e “fantasiosa” soluzione che potrebbe scaturire dalle ormai imminenti elezioni comunali di primavera inoltrata, non fosse altro che per il gusto di imitare la fatale “Cassandra”, la mitologica sacerdotessa del tempio di Apollo alle cui profezie, sempre rivelatesi giuste, aveva la maledizione che nessuno credesse.
A proposito di queste elezioni, infatti, pare proprio che l’affare si vada ingrossando, anche se le cose non hanno ancora cominciato a girare come prima o poi potrebbe accadere.
Faccio subito una doverosa precisazione: non confondete l’ “affare” che si va ingrossando e le “cose” che prima a poi cominceranno a girare con facili accenni allusivi ad organi del corpo umano che godono delle stesse proprietà: lungi da me! Ma vi lascio tuttavia liberi di farlo, se proprio credete che nulla possa cambiare nella nostra storia civica.
Orbene la smania di protagonismo da “unti dal Signore” si allarga giorno per giorno e vengono alla ribalta, svegliandosi da un lungo triennale letargo, partiti e personaggi i più variegati che fino ad ieri manco sapevamo che esistessero. Del resto la primavera iniziata ieri, anticipata per il fenomeno celeste della “precessione degli equinozi”, porta a questi risultati di rifioritura della natura tutta. Potrebbe essere cosa buona se ad ispirare e guidare anche quelli fossero la stessa forza e volontà di rinascita che divinamente governano e dirigono il Creato.
Come te sono convinto che questi personaggi dal lungo letargo, proprio a causa di esso, non posseggano la giusta percezione delle capacità tecniche, politiche, amministrative, umane, che la attuale situazione, non comparabile a nessun’altra precedente, richiede ed impone. Potremmo non porre limiti alla provvidenza, ma continuare a vivere di speranze sarebbe per noi grande catastrofe.
Altri più consapevoli della situazione, non fosse altro che per averla vissuta giorno per giorno anche sulla propria pelle, sarebbero sicuramente più affidabili e credibili, ma dovrebbero avere la forza e la umiltà di rinunciare a personali protagonismi ed unire le forze, coniugando le imprescindibili difficoltà di vedute di parte su un solo reale obiettivo: salvare quel che resta di questa città. E sarebbe già tanto; è quel che ci auspichiamo accada.
Ci sono poi i visionari che sognano grandi progetti mondiali, sulla scia della svedesina Greta, ma che sarebbero più utili alla causa se avessero la capacità di restare con i piedi per terra.
C’è, alla fine un pericolo maggiore, che pare essere spuntato fuori da qualche giorno e riguarda un quarto tipo di probabile candidato. Seguitemi.
Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord, tra l’altro principe di Benevento, è passato alla Storia come il più grande esponente del camaleontismo e del trasformismo politico.
Vikipedia così sintetizza la sua attività politica: “Servì la monarchia di Luigi XVI, poi la Rivoluzione francese in alcune sue varie fasi, l’Impero di Napoleone Bonaparte e poi di nuovo la monarchia, questa volta quella di Luigi XVIII, fratello e successore del primo monarca servito, infine fu ancora Gran Ciambellano sotto Carlo X e ambasciatore di Luigi Filippo I.
Nel corso della sua lunga carriera gli vennero affibbiati diversi soprannomi, tra cui i più noti furono “Il diavolo zoppo”, “Il camaleonte” e “Lo stregone della diplomazia”. Fu, con Metternich, il “regista” del congresso di Vienna.”.
Aveva una malformazione ad un piede che alcuni attribuiscono ad una caduta in tenera età, per sbadataggine della sua balia, ma che altri attribuiscono alla malattia di Marfan o, cosa più probabile, ad un piede-torto-congenito; lo portava sempre avvolto in una calza di seta, alla quale fece riferimento Napoleone bollandolo con una definizione che dopo vi dirò.
Per questo motivo, non potendo intraprendere la carriera militare, intraprese quella religiosa, fino alla nomina di vescovo, ma fu in seguito scomunicato e ridotto allo stato laicale per aver sostenuto, durante la rivoluzione francese, la costituzione civile del clero. Prese moglie, dalla quale si separò senza figli legittimi. L’ultimo atto di trasformismo avvenne poche ore prima della sua morte, firmando un documento con il quale si dichiarava “riconciliato” con la Chiesa, e ricevette gli ultimi sacramenti.
Di grandi capacità diplomatiche, ma di assoluta e vergognosa incoerenza: Napoleone lo definì “una merda in una calza di seta”,
Per gli amanti della storia un simpatico aneddoto: vantava discendenza da Adalberto, conte di Périgord e vassallo di Ugo Capeto (990). Si narra, a giustificazione di un carattere ereditario insubordinato del nostro Talleyrand, che Adalberto, restio a prestare giuramento al nuovo sovrano di Francia, Capeto appunto, fu convocato da questi che di fronte alla sua manifesta sfrontatezza gli domandò bruscamente: “Ma chi ti ha fatto conte?”. Al che Adalberto rispose: “Ma a te chi ti ha fatto re?”.
Bando alle ciance, Direttore; speriamo vivamente di non dovere avere a che fare con qualche redivivo personaggio politico di inizio secolo capace di stare con Tizio contro Caio e subito dopo con Caio contro Tizio, magari dopo averlo proditoriamente detronizzato.
Ci mancherebbe solo lui!
Cordialità.
Claudio Gliottone