Egr. Direttore,
ho avuto modo di leggere la dichiarazione del nostro primo cittadino pubblicata sul suo giornale e, senza alcuna vena polemica, non posso esimermi, sia in qualità di consigliere comunale che di comune cittadino, dal fare alcune considerazioni.
A dire il vero, trovo assurdo che il Sindaco di una città faccia delle dichiarazioni che, quanto al tenore ed alla veemenza, sembrerebbero provenire da uno dei più accaniti "capi – ultras" di una delle tante tifoserie calcistiche italiane. E lo dico con grande amarezza perché, al di là dei proclami con i quali la maggioranza consiliare invita tutti ad abbandonare il clima acceso della campagna elettorale, rinvengo in alcune sue affermazioni un’acredine e una violenza verbale tali da rasentare i toni della minaccia.
Parlare alla gente di "gruppi e di lobby dichiaratamente ostili", di "fioretti e di sciabole" o, peggio ancora, della volontà di "recidere i rami secchi e bonificare a fondo", serve a rievocare scenari quasi bellici di altri tempi e di forme di governo autoritarie che nulla hanno a che fare con la democrazia e che, per fortuna di tutti, appartengono al passato.
Viviamo una fase storica particolarmente difficile in cui il popolo è in affanno, l’economia stenta e c’è un disamore, oramai dilagante, verso la politica; in un contesto del genere, in cui è facile lasciarsi tentare dal disfattismo e dalla voglia di contestazione esasperata, chi occupa delle posizioni di rilievo dovrebbe avere il buon senso, per non dire l’obbligo, di distendere gli animi, di pacificare il clima sociale, di cercare di creare aggregazione e non di certo sterili contrapposizioni. Tuttavia, anche qualora non riesca a realizzare tali buoni propositi, un Sindaco dovrebbe sicuramente astenersi dall’istigare deliberatamente le persone allo scontro (fosse anche solo ideologico), fomentando l’astio e ventilando propositi bellicosi.
Non ho avuto difficoltà a riconoscere la vittoria elettorale dell’attuale maggioranza, né a definire, durante il Consiglio Comunale di insediamento, l’Ing. Di Benedetto come "il Sindaco di tutti". A tal proposito, ricordo ancora il gesto dell’intera minoranza consiliare che, all’atto del giuramento del primo cittadino, si alzò in piedi per prima, dimostrando, al di là delle legittime posizioni divergenti assunte nella competizione elettorale, di riconoscere e di rispettare "l’Istituzione". Ma tale rispetto non può essere interpretato come una rinuncia automatica al dissenso, specie se motivato ed espresso in maniera civile, poiché è proprio sulla diversità di opinioni che si fonda una sana democrazia; ma soprattutto, il rispetto bisogna saperselo guadagnare, principalmente evitando di assumere atteggiamenti inopportuni che contribuiscono ad inasprire i toni, a creare fazioni, a rappresentare scenari di conflitto ed epurazioni.
Non so a chi abbia voluto rivolgersi il nostro Sindaco, ma mi auguro che voglia riflettere serenamente sulle sue infelici affermazioni e riconoscere il tenore a dir poco eccessivo del suo "proclama"; ma soprattutto mi auguro che, d’ora in avanti, voglia utilizzare tutta la sua "veemenza" ed il suo "istinto guerriero" per risolvere i problemi della nostra città, facendo ricorso soltanto alle sue indiscusse doti umane e professionali e dimenticando per sempre le sciabole ed i fioretti.
Giovanni Scoglio