Per alcuni secoli in Teano furono presenti i tre grandi rami francescani: i Conventuali si erano stabiliti nel convento di S. Francesco sin dal XIII secolo, mentre, più di un secolo dopo la fondazione del convento di S. Antonio, nel 1569, i Cappuccini vennero a stabilirsi nell’antico monastero di S. Reparata, da cui le Benedettine avevano dovuto sloggiare, essendo posto a distanza dall’abitato e perciò insicuro per un ordine femminile. Con la soppressione napoleonica, il convento di S. Francesco, ubicato nel cuore antico della città, dotato di grandi rendite, formato da più corpi di fabbriche e con una Chiesa sfolgorante di marmi, di quadri e di uno straordinario soffitto dorato, il tutto realizzato secondo le consuetudini dei Conventuali, scomparve definitivamente, così come si dissolse il Convento dei Cappuccini di Santa Reparata. Il Convento di S. Antonio, ugualmente soppresso, tornò invece a nuova vita, e nuovamente risorse dopo l’ulteriore soppressione postunitaria. Il complesso monumentale di S. Francesco fu smembrato. Parte fu destinata a sede comunale, parte adattata a teatro e poi in scuola, parte venduta all’asta pubblica e trasformata in abitazioni.
Delle antiche vestigia non restano che la consunta statua del monumento funebre a Marino Marzano e la lapide che ricorda la sosta nel convento – nel maggio 1727 – di Benedetto XIII, mentre sono dolorosamente presenti nella memoria dei Teanesi le arcate del chiostro, oggi ridotte a informe e anonimo cortile del Municipio e il bellissimo corridoio dei frati, con volta a cannucce e ovuli riccamente decorati a stucco, distrutta non molti anni addietro per far posto a un piatto soffitto e a indegne finestrucole. Il convento di Santa Reparata, che prima dei cappuccini era stato nobile cenobio delle Benedettine sin dal IX secolo, dopo la soppressione rimase abbandonato e rovinò completamente, finché il cardinale Bartolomeo D’Avanzo, vescovo di Teano dal 1860 al 1884, potette riscattarlo dai privati che lo avevano acquistato per destinarlo a Collegio dei Liquorini che ancora vi risiedono. Al suo interno, però, non v’era più sfortunatamente alcuna traccia del suo millenario passato. Nella parete del chiostro, oggi corridoio degli uffici comunali a pianterreno, si legge l’epigrafe commemorativa dell’evento, che stranamente nessuno dei nostri memorialisti trascrive e ricorda: TER MAXIMVS CHRISTIANÆ REI MODERATOR BENEDICTVS XIII CH: A. MDCCXXXVII M.MAJI DIE XVI ROMAM BENEVENTO REDIENS RELIGIOSÆ HVMILITATIS TENAX NOCTEM HOC IN CONOBIO EGIT SANCTEQVE VIVENDI RATIONIS NON VNA PRÆBVIT ARGVMENTA Tre volte massimo moderatore della cristianità / Benedetto XIII / il 16 maggio 1727 / tornando da Benevento a Roma / tenace nell’umiltà religiosa / trascorse la notte in questo cenobio / dando molte prove di Santa Vita / .
Il Convento antoniano resta quindi unico erede di una non trascurabile tradizione di vita francescana a Teano. La liberalità di tante famiglie nobili e facoltose verso il convento e il santuario di S. Antonio, e ancor più il concorso di migliaia e migliaia di Teanesi nel sostenere vita e opere della comunità francescana, attestano da un lato l’efficacia del lavoro pastorale dei francescani e dall’altro la smisurata devozione dei Teanesi verso il Santo. La distruzione del 1799, la soppressione napoleonica del 1809 e la confisca del 1866, eventi che determinarono la scomparsa da Teano degli altri due conventi francescani di S. Francesco e S. Reparata, del Monastero delle Benedettine di S. Maria de Foris fondato quasi un millennio prima, anno 986 dai Conti longobardi a Teano, dell’antico convento dei Servi di Maria di Montelucno e di altre case religiose, pur colpendo inesorabilmente il nostro Cenobio non lo distrussero del tutto. Il popolo teanese fu sempre pronto a sovvenire i frati nell’opera operosissima del riscatto e della ricostruzione. Non mancano certamente prove e testimonianze di un nostro culto antico e diffuso, radicato in ogni strato della popolazione e intensamente permeato di autentico spirito di fede. Se i francescani nel nostro convento hanno potuto sopravvivere a soppressioni e distruzioni, mentre monaci e frati di tutti gli altri cenobi della città, pur numerosi e provvisti di rendite, dovettero definitivamente soccombere a tali eventi, è per così dire merito del Santo. L’apprezzamento per i frati difficilmente sarebbe bastato a garantire la ripresa dopo la distruzione del 1799 e le due soppressioni del 1809 e 1866, se non fosse stato sostenuto dalla volontà dell’intera popolazione di non vedere andar via i Minori dal Santuario tanto caro al cuore di intere generazioni. Ed è un attaccamento che persiste: paventandosi anni addietro, in occasione della riorganizzazione della Provincia monastica, secondo le esigenze dettate dalla diminuzione del numero dei frati, l’eventualità della soppressione del convento, autorità e popolo fecero sentire ferma la loro voce assicurando ogni sostegno affinché il convento continuasse a vivere. Testimonianze, talvolta, anche di valore artistico, del culto dei Teanesi per il Santo sono fortunatamente pervenute fino a noi. Nella chiesa di S. Francesco, già dei Conventuali, risalta una statua lignea col saio dipinto d’oro e rabescato di nero che certamente risale a epoca prossima alla fondazione del convento di S. Antonio. Nella Cattedrale era custodito il busto del Santo di delicatissima fattura e di fine esecuzione, in rame dorato con mani, testa, giglio e Bambino d’argento che secondo il Pezzulli dovrebbero risalire al 1680. Ora in restauro per interessamento del nostro Vescovo e destinato al Museo Vescovile in frenetico allestimento. La pregevole edicola votiva all’angolo tra Piazza Umberto I e il Corso Vittorio Emanuele II, fatta erigere da donna Carmela Geremia-Coronel nel 1884, autore il celebre pittore napoletano Domenico Caldara, raffigura la Madonna tra il patrono S. Paride e S. Antonio di Padova. Per un provvidenziale restauro si attivò il mai abbastanza compianto Tonino Spaziano, sostenuto da molti volenterosi volontari, la sua iniziativa preziosa non è rimasta lettera morta. Il testimone è stato raccolto dall’inclito Presidente Gianrusso, dal suo attivissimo circolo culturale "IL CAMPANILE" e da molti altri ancora. E domani il miracolo si compie con lo scoprimento del significativo dipinto. Piccole edicole del Santo , inoltre , la pietà popolare ha disseminato per i vicoli del centro e nelle frazioni, suscitando ancora oggi interesse e devozione. Il Santuario è così tornato agli antichi splendori dei secoli passati, quando l’erta stradina che saliva al colle era percorsa quotidianamente da poveri in cerca di cibo e da afflitti bisognosi di conforto e consolazioni.
Miseria materiale e miseria morale ancora affliggono il mondo contemporaneo, solo alcuni riescono a individuare la strada giusta per porvi rimedio, quella in salita, che ascende, che porta a vedere se non a toccare brevi sprazzi di Cielo.
Giulio De Monaco