Da oltre 78 anni nel periodo che va dal 25 aprile al 1° maggio, così come ad ogni tornata elettorale, si ripresentano e si contrappongono, a volte solo per meri fini propagandistici, i temi, ormai abbondantemente triti e ritriti, di fascismo e antifascismo.
In questo contesto si alternano, da un lato e dall’altro, dichiarazioni fuori dal tempo e dalla storia (dalla affermazione del fascismo sono passati esattamente 100 anni e sette mesi), sovente condite da una satira che a volte diventa disumana più che ridicola.
Lo spauracchio di un ritorno della nefasta dittatura continua ad essere agitato ad uso politico un giorno sì l’altro pure, generando “reazioni” non sempre ingiustificabili.
Gli inviti delle forze moderate a superare un diverbio che non ha storicamente più alcuna necessità di esistere cadono sempre nel vuoto: avere un nemico da combattere affascia, compatta e fa sperare in una vittoria l’elettorato molto più di ogni invito a pacifiche e produttive collaborazioni.
Il tutto resta governato dal terzo principio della dinamica, introdotto da Newton del 1687, quello di azione e reazione: se un corpo A esercita una forza su un corpo B, il corpo B eserciterà una forza eguale e contraria sul punto A.
Anche i comportamenti umani, infatti, pur nella loro soggettività certamente sganciata dalla naturale fisicità di questa legge, si manifestano nella generalità dei fatti seguendo principi di azione e reazione.
In fisica lo studio di un fenomeno si estende a stabilire sempre quale sia stata l’azione che ha provocato quella reazione e, ragionando proprio “terra terra”, se la reazione è “uguale e contraria” ed essa è cattiva vuol dire che era cattiva anche la azione che l’ha provocata.
Ma la razionalità umana, capace anche di raggirare la realtà, è stata qualche volta in grado di abolire dalla mente l’idea della impossibile esistenza di una “reazione” senza una “azione” uguale e contraria ed ha invece elevato a sinonimo di concetto assoluto ed assolutamente negativo, ingenerato o nato da partenogenesi, la sola “Reazione”: parola magica per definire tutti quelli che non la pensano come me!
A volte basterebbe solo un poco di sana e liberale “tolleranza” e di buon senso per non acuire divergenze improduttive e dannose.
Ho avuto la fortuna, per aggiornamenti professionali, di visitare tante città del mondo, da Montreal ad Istambul, da Filadelfia, dove fu firmata la Costituzione americana nel 1767, ad Hong Kong, da Parigi a La Avana, da Tunisi a Madrid e tante altre ancora.
Ho vistato, a Berlino, il Museo del Muro, dove sono raccolte tutte le testimonianze delle persone fuggite nel modo più strano dall’est per anelito di libertà dal regime comunista, ma la cosa più “politicamente interessante” mi è accaduta di vedere a Dresda, sempre in Germania.
Orbene Dresda è una bellissima città detta, prima della guerra “la Firenze tedesca”, che fu completamente rasa al suolo il 13 febbraio del 1945 dalle forze anglo-americane con un imponente bombardamento che causò la bellezza di 135mila morti; poco a che vedere, per paragone, con il bombardamento effettuato dai tedeschi nella notte tra il 14 e 15 novembre del 1940, a poco tempo dall’inizio delle ostilità belliche, sulla città di Coventry, in Inghilterra: anche questa città fu rasa completamente al suolo, tanto che si creò, per definire analoghe azioni militari, il neologismo “coventrizzare” . I morti furono però solo 1236. Comunque due tragedie generate dalla stoltezza umana.
Uscendo un lunedì pomeriggio dall’albergo nel quale alloggiavo fui sorpreso da una marea di gente che sfilava, agitando bandiere e gridando slogan che chiaramente non comprendevo, per una grande strada prospiciente, diretti ad una enorme piazza poco distante dove era eretto a permanenza un palco.
Mi informai, non senza fatica linguistica, su quel che stava accadendo e mi fu risposto che altro non era che un corteo di nostalgici del nazismo che, regolarmente autorizzati e provenienti da ogni parte della Germania, “ogni lunedì” da oltre venti anni svolgevano questa “simpatica cerimonia” sciogliendosi dopo poche ore tra la normale indifferenza di tanti spettatori, senza procurare alcun danno o devastazione pubblica.
Grande segno di civiltà, soprattutto da parte di uno Stato che, conscio della improponibilità storica degli auspici di quei dimostranti, non vieta loro di aggregarsi per proclamarli.
Una apertura mentale che a noi italiani manca completamente, in specie, e la cosa diventa paradossale, alle forze politiche cosiddette “progressiste”.
Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria! Mettiamoci bene in testa che questa legge non potremo mai modificarla: è una legge di natura.
Claudio Gliottone