Sabato, 12 settembre 2015, alle ore 19:00, presso la ONDA Art Gallery di Leone Cappiello, ubicata in Via San Francesco – 25, proprio nel cuore della stupenda città di Sorrento (NA), si inaugurerà la mostra “Spazio analitico: trasparenze, geometrie e profondità”.
Gli artisti che indagheranno questa tematica, scelti dal curatore Paolo Feroce, sostenuto dal critico d’arte Emiliano D’Angelo, sono: Domenico Fatigati, Max Coppeta e Vincenzo Mascia.
In esposizione anche un’opera del grande Franco Costalonga, in prestito gratuito dalla Collezione dell’Unità d’Italia (nata dalla biennale omonima in Reggia di Caserta), per dare continuità didattica all’intero percorso artistico – narrativo.
I tre artisti sono seguiti dalla responsabile di galleria, la dottoressa Gaia Gargiulo, mentre la comunicazione è curata dalla storica dell’arte Rosella Verdolotti di Sondrio.
In un brano tratto dall’analisi critica di Emiliano D’angelo, si legge: “ (…) Max Coppeta, Domenico Fatigati, Vincenzo Mascia, sono tre artisti appartenenti a generazioni diverse e provenienti da apprendistati creativi fra loro eterogenei, ma con due elementi in comune che caratterizzano la qualità e l’innovatività della loro ricerca: Il primo è l’interesse per un’arte più “analitica” che “espressiva” Il secondo è l’immersione del linguaggio scompositivo tipico dell’optical-art in uno spazio tridimensionale abbastanza inedito, di cui uno dei precursori più attendibili si può individuare oggi nella figura di Franco Costalonga, con i suoi “Mokubi2” e “Oggetti-quadro” degli anni ’90. Ciascuno fra i tre artisti proposti pratica, a suo modo, un crossover fra tecniche e stili che, pur nella dichiarata continuità con la tradizione ottico-cinetica e neo-concretista, lo differenzia e lo esalta nella sua individualità:
Ci attestiamo, pertanto, alle soglie della teorizzazione di un nuovo movimento, di un revival che il comparto ottico-cinetico ha storicamente mancato, a differenza delle altre grandi ondate propulsive dell’arte del XX secolo, impantanandosi quasi nelle sabbie mobili di un eccessivo rigorismo identitario.
Servizio di Redazione