Quando lo scrittore e patriota Silvio Pellico, nel 1832, pubblicò il libro “Le Mie Prigioni” nel quale descriveva tutte le tribolazioni alle quali era stato sottoposto nei dieci anni di detenzione, prima nel carcere dei Piombi, a Venezia, e poi in quello dello Spielberg (oggi Spilberk) nella Repubblica Ceca, condannato perchè “Carbonaro” alla pena di morte poi commutata in carcere duro, il Primo Ministro austriaco, Metternich, disse che quel libro danneggiava l’Austria più di una guerra perduta. Pellico narrò con precisione tutta la detenzione, ma con estrema pacatezza e con cristiana serenità, senza mai aver parola di condanna aperta per quanto aveva dovuto quotidianamente subire, senza odio né risentimento palese verso coloro che lo angheriavano. Tutti ricorderanno anche la descrizione dell’intervento di asportazione di una gamba per cancrena al quale fu sottoposto il suo amico condannato con lui, Piero Maroncelli, in tempi nei quali l’anestesia era tutta da inventare: e la sua riconoscenza verso il chirurgo austriaco, ma non per questo odiato, al quale, al termine dell’operazione, volle offrire una rosa che era in un bicchiere sulla finestrella della loro angusta cella. Metternich era il nemico più agguerrito dell’Italia, della quale il suo popolo occupava, allora, tutto il Lombardo-Veneto e ci odiava al punto da definire la nostra auspicata nascente “nazione” come nient’altro che “una espressione geografica”. Eppure, da fine politico, aveva compreso quanto le parole di Pellico, scevre da ogni forzatura di pur comprensibile odio, potessero influire sull’ animo di un popolo anelante al proprio riscatto storico ed alla propria unità territoriale libera e sovrana. Ora io non so se le parole pronunciate dall’ amico Nicola Palmiero, primo eletto della lista vincitrice le elezioni comunali del 2018, nell’intervista concessami due giorni fa, possano fare questo effetto su una maggioranza consiliare che in quanto a somministrarci angherie ambientali, politiche e sociali non è da meno al comportamento degli stranieri austro-tedeschi, che il Carducci, nella sua ode “La canzone di Legnano” definisce “lurchi”, cioè ingordi. Finora ad analoghe e numerose descrizioni di tutte le discrepanze amministrative da essa effettuate, riportate quasi quotidianamente, perchè quotidianamente si verificano, da questa e da altre testate giornalistiche, hanno tutti dimostrato una eccezionale, magari invidiabile, “faccia di bronzo”. E neanche giurerei che quelle parole, unite alle tante altre simili già dette e ridette da chi vorrebbe aspirare ad una città perlomeno “vivibile”, possano far breccia negli animi delle persone che subiscono quelle angherie, cioè il popolo generico medio, nei quali non risiede più manco l’ombra dell’orgoglio. Il tempo diede ragione a Metternich, perchè le parole di Pellico infiammarono ulteriormente gli Italiani i quali dimostrarono dopo qualche anno (1848) di aver ritrovato tutto quell’orgoglio, di cui dicevo prima, nella insurrezione delle “cinque giornate di Milano”, punto di partenza del nostro Risorgimento. Il tempo, caro Nicola, darà ragione anche a noi, che come Silvio Pellico, giorno dopo giorno e con la stessa pacatezza, denunciamo le cose che amministrativamente non vanno ed auspichiamo un nostro “Risorgimento” teanese? Possiamo solo dire che oggi, dalla nostra parte, ci siete anche tu ed i tuoi amici, a tenere in vita quella piccola fiammella di riscossa sociale di un popolo che manco si rende conto di essere mortificato a più non posso e che certamente merita ben altro. Ed è già una vittoria grande. Forse dovremo solo aspettare, ma le cose da dover poi ricostruire, perchè devastate, aumentato ora per ora.
E di tempo ce ne vorrà tanto, ma proprio tanto!
Claudio Gliottone