Quando la politica era ancora il luogo delle decisioni e chi la faceva sentiva come necessità il dover fare appello al proprio senso di responsabilità , c’era chi riusciva a porre la “ questione morale “. Certo “conditio sine qua non” era quella di essere credibili , ma in quel caso lo stigma a cui si andava incontro era al massimo esser tacciati di fare un uso retorico della politica , non certo quello di esporsi a un anacronismo superato dallo stesso meccanicismo storico a cui andrebbe incontro il politico dei giorni nostri, che non ha solo il problema degli scheletri nell’armadio a manifesto di una mancata moralità, ma il suo apparirebbe come un inutile piagnisteo, su un tema ostracizzato di fatto dalla realtà che viviamo.
Il “ Così fan tutte “ di Mozartiana memoria oggi è ben tollerato da tutte le categorie modali a cui si voglia applicare. E’ il reale a porre come irrazionale l’eventuale istanza di una politica che si facesse carico di apparire quantomeno dignitosa. Siamo pronti a dare il nostro voto a chi ci ha truffato senza neanche avvertirne il peso morale. La filosofia hegeliana insegna che ciò che è reale è anche razionale, perché conforme al suo concetto , mostrando già tutti gli anticorpi contro la falsa coscienza ,che vincerà decisamente su Hegel che , nonostante la potenza concettuale della sua teoretica, sarà liquidato come totalitarista. E come potrebbe la questione morale rappresentare lo spirito del nostro tempo, in quanto ad esso confacente : l’esistente riesce a porsi come corrispondente di una volontà che lo determina, che non risponde necessariamente a una volontà enunciata ma non per questo meno fattuale. Per dirla in soldoni , noi possiamo anche mentire , per fare bella figura , ma nei fatti o, potremmo anche dire nel nostro stile di vita , la menzogna non resterà nascosto a lungo. Al netto della narrazione imperante, il contenuto del nostro tempo è la guerra , la violenza, le disuguaglianze, la libertà solo per chi può permettersela. Le industrie più potenti dell’intero pianeta sono quella delle armi e quella dei farmaci : il che vuol dire che non è prevista né la nostra pace , né la nostra salute. La politica per Platone è l’arte regia , quella più alta, quella che guarda al bene comune, l’unica che possa assicurare giustizia alla polìs, e Platone è colui che l’ha inventata la politica , un po’ di credito possiamo anche darglielo. Nessuno di noi è contento in verità delle nuove classi dirigenti , che non hanno smesso di rubare , hanno smesso solo di vergognarsi di farlo. Addio ai grandi dibattiti, ai grandi scontri di idee, illuminati da prospettive chiare, addio all’entusiasmo per veri e propri scontri di civiltà che avevano come obbiettivo il bene comune. Addio allo sforzo di restare incollati ai problemi reali, cercando soluzioni nel rispetto degli avversari. De Gasperi stimava Togliatti e Nenni, e al di là delle asprezze polemiche, ne era ricambiato. E’ Berlinguer a porre la questione morale, a parlare di una deriva dei partiti politici verso interessi che non hanno nulla a che fare con le esigenze e i bisogni che emergono dalla società del suo tempo storico. I partiti diventano macchine clientelari e detentori di un potere che perdendo tutta la sua orizzontalità , è soltanto sinonimo di potenza. E’ veramente possibile separare la potenza dalla violenza? Quando vogliamo piacerci , quando vogliamo essere qualcosa di più di “ senso comune”, dobbiamo avere cura nel chiederci cosa significa significato. Quando siamo in quella luce lì, i significati li vorremmo autentici, e questo richiede necessariamente l’ appellarci alla forza della ragione, che non è la ragione della forza. Violenza e potenza sono la stessa forza , c’è “un’archè comune”, a vederne la differenza è lo STRUMENTO con cui le misuriamo , un po’ come succede nella meccanica quantistica con le particelle , la violenza dei vinti è dunque la stessa forza che i vincitori avvertono come potenza . Gramsci parlava di cultura orizzontale , quella della bellezza vera, dove l’orizzonte di senso assoluto è il saper distinguere il bene dal male e non conoscere a memoria le date degli eventi storici. Se sei educato alla bellezza della vita non puoi non riconoscerla, neanche se sei all’inferno, per questo va insegnata ai bambini , che per il resto della vita saranno tenuti a confrontare con quel codice digerito come naturale , tutti gli eventi dell’esistente. In fondo il mondo è un inesistenziale, è il nostro esserci che, soggiornando in esso, crea quello spazio. Solo se diamo importanza ai significati ci accorgiamo che la narrazione è solo forma priva di contenuto. C’è qualcosa di più profondo del “ SI DICE “ e sono i significati che lo reggono. Ma veramente la cosa che preme di più agli italiani in questo momento difficile è il premierato? O sarà che il tetto della dignità fissato da Mattarella è a un’altezza scomoda per i suoi epigoni? Veramente il problema che angoscia l’Italia tutta, sarà risolto con la stretta alle intercettazioni? O saranno i “colletti bianchi” a recuperare la qualità del sonno. I dati assunti dalla narrazione hanno valore solo se sono fondati. Chi li fonda è la filosofia , il pensiero vero ,da questo nasceva l’entusiasmo per questa officina di idee che non è mai decollata , se non per attirare ire e disappunto di coloro che non sentono più l’importanza del proprio ESSERCI . La VERITA’ chiede la nostra attenzione, anche se si concederà sempre da noi ,la nostra irrequietezza ne è l’ipostasi . Questa real politik può accontentare veramente qualcuno ? O sarà che avendo imparato a muoverci con la sola categoria dell’utile, bocciando il naturale trait d’union tra etica e estetica “ che sono distinte ma non separate, restiamo vittime di una libertà coatta , che ci vincola in uno spazio agorafobico , in cui ci costringono le ideologie introiettate più o meno consapevolmente e non la verità dei significati autentici. E’ difficile uscire dalla nostra comfort zone, anche quando è l’intelligenza a chiedercelo, non solo per un fatto di pulsioni ataviche ( madri di tutte le logiche securitarie e delle culture dello scarto )ma anche per la superstizione dei falsi significati, di ciò che genera in noi quel corto circuito emotivo per cui è più facile ingannarci che farci ammettere di essere stati ingannati. La stessa fede che abbiamo nel dato scientifico è la nuova superstizione del nostro tempo, a sconfessare la scienza come verità assoluta è la stessa logica che la fa essere autoreferenziale, se usata al netto dell’atteggiamento fideistico. La morale , quella vera, è impegnativa , richiede autenticità , non è quella castrazione etica a cui ci ha educati il cristianesimo ,che prima di essere una religione che si sceglie di praticare, è un inconscio collettivo . Non è quell’escludere da noi l’impuro della figura di Caino, che insieme a quella di Abele sono le due facce dell’animo umano, è semmai il farci pace, è l’accettare la nostra fallibilità, il nostro essere errore. L’uomo morale dice no soltanto a sé stesso , il moralista lo dice solo agli altri. Come poter elevare la politica moderna TOUT COURT al rango di un’istituzione che ancora sente il tema della questione morale ,come necessario alla propria legittimazione. La questione morale è traducibile solo in un percorso veritativo : l’equazione è “ niente verità, niente morale “. La nuova ingegneria sociale nata dalla regola che il più onesto è chi ruba meno, tollera senza neanche tapparsi più il naso , quella pseudo morale che condanna i più fragili invece di proteggerli , perché in un libero mercato che per la narrazione è la nuova divinità , il povero merita di essere povero , come se il merito senza il pari merito conservasse tutto il suo contenuto, tutto quel significato che lo fonda e senza il quale smette di essere tale. La destra e la sinistra italiana hanno un’antropologia diversa , ma nella loro forma attuale resta davvero questa l’unica differenza che possono vantare l’una sull’altra. Il contenuto di fatto è lo stesso. Meno male che esiste il generale Vannacci a togliere entrambi dall’empasse , solo l’uomo che ha più pregiudizi che medaglie riesce a far fare bella figura a una sinistra convinta che basti l’armocromista perchè la società possa essere davvero virtuosa. E’ così che pensa di salvare quella superiorità intellettuale che si concede, in virtù di un retaggio storico fatto dal saper reggere il dissenso, la protesta democratica, le idee avverse quando costruttive , tanto da riuscire a sopravvivere alle ventennali picconate del berlusconismo che può vantare al massimo un’industria culturale ( espressione inventata da Adorno ), cosa assai diversa dall’egemonia culturale di cui godeva la sinistra . Anche la destra meloniana non può che ringraziare il rivendicatore del diritto all’odio: Vannacci ; al confronto il ministro Piantedosi, col suo “ carico residuale umano “ sembra un boy scout, il ministro Valditara che vede necessaria l’umiliazione affinchè gli studenti possano acquisire il senso del rispetto per le istituzioni, assomiglia a don Milani , ma anche il letterato Salvini che è l’eccezione alla regola che “ una laurea non fa cultura “esce vincente dal confronto improponibile. Sembrano essere tutti cresciuti a pane e metodo Montessori , se il confronto è l’esemplare di mascolinità tossica, che vanta la sua appartenenza alla categoria testosteronica del maschio alfa, e parla di Mussolini come di un grande statista , nonostante sia la Storia stessa a condannarlo, prima ancora della dignità umana. Siamo precipitati in un dramma sociale, frutto di una politica esecrabile, che ci sta togliendo il sonno, che nega il futuro ai nostri figli, e per risolverlo alle elezioni europee gli elettori potranno dare il loro voto a Vannacci con la sua follia xenofoba ma anche a Sgarbi, pregiudicato per truffa continua e aggravata ai danni dello Stato . Per votare questa gente bisogna mortificare la propria intelligenza , mostrando quanto nella nostra scala di valori l’onestà verso noi stessi non ci sia più. A sinistra non sono messi tanto meglio, la loro ragione sociale, che era il sostegno alle classi fragili, ha cambiato denominazione tanto tempo fa in nome di un progressismo di facciata e di un permessivismo consumistico più che liberale, che non è più tolleranza per le minoranze ma parteggiamento per il neoliberismo avanzato . Questa è la politica che dovrebbe conciliare la questione morale col numero dei bambini morti a Gaza, col sostegno senza se e senza ma a uno stato israeliano che ha ammazzato donne e bambini con la stessa violenza sanguinaria usata dai terroristi di Hamas. I nostri politici ,archiviata la questione morale come prassi obsoleta, cercano di legittimarsi come possono. C’è chi davanti al proprio uditorio plaudente si dice donna, si dice mamma, si dice cristiana , come fossero figure valoriali di per sé . E’ questo invece un dire che implicherebbe una presa di coscienza che dovrebbe spaventare chiunque ,per l’enormità d’intenti a cui quel messaggio rimanda . Evoca la storia più edificante che sia mai stata scritta, tant’è che le figure cristologiche dell’intera epopea umana sono pochissime . E’ già questa stessa postura a denunciarne l’inautenticità. Cristo è morto sulla croce per salvarla l’umanità, oggi quell’arte regia nata per mano di Platone , con lo stesso proposito di sostenere la già fragile di per sé condizione umana, salva solo chi la fa la politica, affossando quanti credono di potersi affidare, quanti non sanno che non occuparsi della politica fa si che la politica si “ OCCUPI “ di noi senza timore di essere smentita . Cosa ,più del dirci cristiani dovrebbe renderci quantomeno empatici verso il prossimo, eppure gli immigrati si tollerano solo nel momento in cui ci aiutano a pagare le pensioni, ma molto meno per le loro differenze culturali, per le loro istanze religiose. Ci si indigna perché qualche scuola a maggioranza musulmana resta chiusa nel giorno del ramadan, piuttosto che agevolare l’integrazione di bambini nati in Italia, in modo intelligente e non ideologico , evitando di sdoganare il diritto all’odio. Sempre che questa politica non valuti meno sconveniente chiudere le scuole per mancanza di bambini , visto che nel nostro paese non ci sono più i presupposti per fare figli,piuttosto che per fine ramadan islamico. Bisognerebbe anche che la smettessimo di giocare a fare gli antifascisti, per quanto siamo a disagio come democratici in questo paese, il fascismo è un contenuto superato dalla storia , è uno spauracchio usato come arma di distrazione di massa , per non parlare dei problemi veri : crisi ecologica, squilibri economici, disgregazione sociale, minaccia dell’AI(l’intelligenza artificiale), che non è necessariamente una brutta cosa, ma è qualcosa di cui non ci stiamo occupando abbastanza, e che quindi non controlleremo. Sono queste, tutte crisi innescate dal capitalismo , è facile dirsi antifascisti, ma provate a parlare di anticapitalismo senza il rischio di apparire patetici. Lì per essere credibili dobbiamo cambiare il nostro modo di vivere , rinunciare a quel superfluo che farebbe crescere quei paesi a cui lo sviluppo è stato negato, in nome di una crescita esponenziale di un occidente che riesce a giustificare la campagna militare di Israele, in termini di autodifesa, pur di continuare a speculare sul dramma umano di un popolo vessato dalla storia stessa , in nome di una disumana corsa agli armamenti , ma anche di un atavico imperialismo a stelle e strisce. Altro che questione morale, oggi il massimo della correttezza politica è una fuga nel moralismo, di gente che non sa più cosa sia quella bellezza con cui avrebbero dovuto confrontarsi fin da bambini per poterla poi difendere per sempre . Aveva ragione Schopenhauer a dire che l’uomo resta vittima dell’economia della specie che lo abita? Che la sovrastruttura culturale non ce la fa a contrastare la necessità della natura ? Non a caso oggi Schopenhauer è al potere , sono lontani i tempi in cui la sua opera più famosa ( Il mondo come volontà e rappresentazione )fu mandata al macero. Io sono stata illuminata dalla filosofia di Emanuele Severino, la cui comprensione mi sarà sempre in parte preclusa : l’altezza della sua teoretica è da vertigini anche per gli studiosi più impegnati nella speculazione filosofica . Nella sua lunga vita di grandissimo pensatore , Severino ha testimoniato un nuovo pensiero, un pensiero inaudito, il linguaggio stesso che lo dice gli è ostile, perché strutturalmente precluso alla possibilità di dire dell’ INTERO. Conta molto il non detto, come in tutte le teoresi, è così che si intravede quanto la luna nella sua verità , non stia nel dito che la indica. Già Hegel ci aveva detto che è l’infinito a determinare quel finito con cui crediamo di avere tanta dimestichezza . Dirà a Kant : “ tu parli della cosa in sé ,come di qualcosa dunque che mi è preclusa , come di qualcosa al di là della possibile conoscenza, ma se così fosse , come faresti anche solo a parlarne? Hegel dunque prima di Severino ,porta ogni cielo in terra , sconfessando ogni trascendenza, molto più di quanto faccia Kant , che nello smantellare la metafisica , continua a pensare in termini valoriali. Gli scritti di Severino parlano di una verità originaria in cui tutti noi siamo già da sempre , senza averne contezza , perché siamo molto più di quello che mettiamo in conto di essere . Siamo molto di più di questa vita , che ci fa essere quell’errore necessario senza il quale la verità non potrebbe porsi , proprio come superamento dell’errore. Severino definisce l’esistenza come TERRA ISOLATA, in quanto non può sapere della verità , altrimenti non sarebbe nemmeno isolata. Sembra un dogma , ma non lo è . E’ semmai un pensiero difficile il suo, decisamente controintuitivo ,ma è anche il non smentibile , neanche dalla più ferrea logica formale, che dimentica l’ontologico, minando il fondamento del suo stesso poter essere , ossia di ciò che la determina come esistente . Ogni tentativo di negare la filosofia severiniana si autonega , proprio per un gioco/ forza logico –semantico, frutto della necessità e non della volontà che l’ESSERE SIA noto di per sé . Severino dice che l’uomo è un Re, non il mendicante che crede di essere ,quantomeno non solo. La questione morale per lui è una non questione , è solo la volontà di quel mendicante che deve fare il conto con le altre volontà, per dimostrare la bontà della sua spada, senza poterci riuscire , perché ogni volontà si realizza solo se ha la potenza per poterlo fare e questo la fa essere già violenza, al di là dei suoi buoni propositi : per volere la pace bisogna fare guerra alla guerra. L’umanità tutta ,vive in un tempo velocizzato in cui l’avere occupa tanto spazio da soffocare l’essere. Siamo nella notte del mondo, Conoscere Severino significa fermarsi a pensare e scoprire che il più autentico AVERE è ESSERE , ma non per un fatto sentimentale ,ma perché fondamento anapodittico del sapere. Tutto ciò che esiste non ha bisogno della nostra approvazione, esiste per necessità non per volontà . La volontà crede di poter volere ma credere è daccapo volontà non verità. Se la volontà potesse davvero volere non esisterebbe la morte , che resta lo scandalo di ogni pensare, di ogni filosofia; fa eccezione quella severiniana per cui la morte è l’oltrepassamento dal nostro essere parte, al nostro essere tutto, quindi dell’isolamento dalla verità. Non è poca cosa, ad essere implicata è la nostra eternità , perché la nostra essenza non sta nell’esistenza , che è erranza non verità. Già per Nietzsche l’uomo è oltre la questione morale , ma Severino è oltre Nietzsche ,nel suo pensiero l’uomo è oltre il divenire stesso. Se l’essere E’ non può essere fatto ma nemmeno disfatto. Per il maestro di coloro che sanno ( Aristotele ) il bue non è il cavallo , è lo stesso che dire che l’essere non è il non essere. Il senso comune non può che trovare dogmatico il pensiero di Severino ,ma se già dovesse aiutarci a farci pensare , ci avvicinerebbe a quell’autentico che tanto ci sfugge, anche perché non è il posto più comodo da frequentare se si è convinti della propria finitezza. La gigantomachia severiniana è a dir poco ambiziosa , il dito è puntato sull’errore dei padri del pensiero , Platone ed anche Aristotele che temporalizza l’essere, nonostante il suo tentativo di affermarlo, dando diritto d’asilo all’ospite inquietante della civiltà occidentale : il nichilismo ,che non è solo quello nicciano della perdita dei valori, quanto quello che dice :” non prendere la vita troppo sul serio , comunque vada non ne uscirai vivo “, la persuasione dunque che l’uomo ritornerà a quel nulla da dove origina. Sapersi eterni ci libera da quel nichilismo connaturato alla nostra finitezza ,a dirlo non è una volontà, ma la verità stessa testimoniata da un filosofo che il mondo accademico studia da più di 60 anni, riuscendo a criticarlo ma non a confutarlo. Non abbiate paura delle cose difficili , le nostre colonne d’Ercole dobbiamo sfidarle, anche perché libertà e liberazione sono sempre una conquista da venire , sono un compito che non finisce mai, come lo stesso capire chi siamo, e se possiamo ripagare l’ossigeno bruciato alle generazioni a venire . Per chi ama la verità , quella filosofica, la questione morale resta una cornice vuota , c’è qualcosa di più radicale a derubricarla,a porla come secondaria perché doxa , interpretazione ; l’incoronante è il non smentibile ,è lo Stante, è ciò che riesce a stare di per sé, se avesse bisogno d’altro a suo sostegno , non sarebbe più fondamento. Nulla può valere più della verità, se la morale non è vera è priva di significato. Lo stesso Agostino è stato il primo a cogliere i fenomeni ontologici della vita , come primari, originarii rispetto a tutto ciò che è a misura umana, ma resta anch’egli ostico, non è una lettura edificante , anche per la difficoltà del testo. E’ un retore, a volte stucchevole, ma le sue parole aprono all’abisso del contenuto . CONFESSA ( nel X libro delle Confessioni ) che la vera problematicità, quell’inquietudine del cuore per il non afferrabile ,non è qualcos’altro da noi : siamo noi stessi. E’ in quella profondità che dobbiamo cercare ,è quello il luogo dove Agostino trova Dio, e dove molto tempo dopo Severino incontrerà quella verità che farà capolino per la prima volta nel pensiero umano , sarà lo sguardo che vede l’impossibilità del divenire . I suoi testi avranno la pretesa di indicare QUALCOSA che non è pensata da lui, ma che si guadagna la luce da sola perché non smentibile , anche se si apre al di là della storia del mortale , al di là del linguaggio che nel dirla resta un balbettio. E’ l’uomo stesso il luogo che accoglie tutto ciò che E’, ma nella terra isolata ( cioè in questa vita ),lo sguardo è catturato dall’ovvio.
Severino non parlava della sua teoresi fuori dagli ambiti accademici, al meglio sarebbe risultato un discorso squilibrato il suo, che resta precluso a chiunque non mastica alcunchè di filosofia teoretica. Non è la prima volta che in questa rubrica accenno al suo pensiero, ho già detto che anche per fargli vanto è necessaria una autorevolezza che io non ho, ma si vede che la passione per la sua filosofia ( espressione che lui non amava, diceva che se fosse stato solo il suo pensiero, sarebbe poca cosa ), è più forte del timore di apparire presuntuosa, se la gioca con l’entusiasmo di trascinare il pensiero di chi dovesse appassionarsi a questi temi, al di là dell’ovvio . C ‘è una forma di intelligenza che si chiama curiosità : è il motore di ogni sapere, anche di quello più ardito, non a caso il non sapere socratico è già un sapere. La filosofia vanta il fatto di non servire a nulla , il suo non essere catalogabile in una categoria utilitaristica , significa anche che non è corruttibile, che non è comprabile, è dunque spendibile come verità. E’ l’unico luogo in cui possiamo curare la superstizione dei significati, è da Platone che sappiamo quanto sia ingannevole l’empirico, l’immanente, il reale. Se la usassimo solo per salvarci dalla manipolazione del Grande fratello, o dell’isola dei famosi, sarebbe poca cosa. Solo la verità compiuta ci fa veramente ESSERE . Quando la filosofia è fedele a sè stessa individua il significato più ampio: l’Originario. L’ovvio è il senso comune, la filosofia si pone oltre.
E’ questa la vera QUESTIONE MORALE: colmare la distanza che ci separa da Dio attraverso la conoscenza e non con la morale che ci serve proprio perché abbiamo fede di non poterla colmare quella distanza.
ANNA FERRARO